È tempo di riforme istituzionali! E le consultazioni con le opposizioni aperte dalla Premier Meloni martedì 9 maggio su come riformare la forma di governo, lo testimoniano. 

Il progetto è ancora in fase di definizione, ma le traiettorie appaiono già chiare. Si andrà, da un lato, verso il rafforzamento di un potere monocratico, sia esso quello del Presidente della Repubblica (presidenzialismo o semipresidenzialismo) o, più verosimilmente, quello del Premier (premierato o neoparlamentarismo). Parallelamente, verrà ridimensionato il Parlamento, abolendo una delle due camere (monocameralismo) o istituendo un Senato delle Regioni ad elezione indiretta da parte delle Giunte, sul modello tedesco. 

Per tale motivo, appare ancor più urgente la necessità di prevedere una maggiore partecipazione strutturata ed istituzionalizzata come contrappeso a tali riforme. Di seguito, alcune proposte che vedono istituti di democrazia diretta ed istituti di democrazia deliberativa integrare la nostra democrazia rappresentativa, nell’ottica di un suo rafforzamento complessivo:

1) una riforma del CNEL sul modello del CESE francese come “Camera della partecipazione”, che si occupi della realizzazione di grandi processi deliberativi nazionali in stile “Assemblee o Convenzioni dei Cittadini”, composte da campioni statistici di cittadini rappresentativi della società, convocabili su iniziativa dello stesso CNEL, del Governo, del Parlamento o della cittadinanza tramite raccolta firme;

2) un iter con tempi certi per le proposte di legge di iniziativa popolare, come in parte già previsto dal regolamento del Senato;

3) l’introduzione del referendum approvativo

L’istituto di democrazia deliberativa delle “Assemblee o Convenzioni dei Cittadini” e i due istituti di democrazia diretta dell’iniziativa popolare e del referendum approvativo potrebbero trovare sinergia nel seguente caso:

“Entro sei mesi dalla presentazione del progetto di legge di iniziativa popolare, il Parlamento può decidere di sottoporlo a referendum approvativo. Nei casi in cui il Parlamento non approvi il progetto di legge di iniziativa popolare entro i 6 mesi dalla presentazione, o lo approvi con modifiche, viene istituita una Commissione ad hoc composta da un campione statistico di cittadini rappresentativo della società, chiamata entro tre mesi ad esaminare la proposta di legge di iniziativa popolare, eventualmente modificata dal Parlamento, con la possibilità di elaborare un nuovo testo e di sottoporlo a referendum approvativo.”

Infine, considerato il crescente tasso di astensione alle tornate elettorali e la conseguente legittimazione solo parziale del Parlamento e della maggioranza di governo che ne risulta, apparirebbe sensato prevedere che un Parlamento eletto con un tasso di astensione superiore ad una data percentuale (compresa ad esempio in un range tra il 30 e il 40%) abbia una potestà legislativa per così dire “ristretta” e non possa pertanto procedere in autonomia all’approvazione di talune riforme (come, ad esempio, riforme costituzionali), ma debba passare prima per un grande processo deliberativo nazionale e poi per un referendum approvativo.

Samuele Nannoni – Vicepresidente Prossima Democrazia APS

Pubblicato il 10.05.2023